Il giovedì santo dissi alla mia compagna che dovevamo cercare Cristo e aggiunsi: «Andiamo all’ospizio, forse troveremo Cristo tra quei poveri, addolorati e afflitti».
Portammo tutti i fazzolettoni che potemmo, dal momento che non avevamo altro, e dicemmo a Gigliola, inserviente dell’ospizio, di venderli e di comprare qualcosa da mangiare per i malati. Lei, sebbene inizialmente si rifiutasse in modo deciso di farlo e dicesse che la stavamo insultando, tuttavia, per la nostra grande insistenza, vendette quei fazzolettoni e comprò del pesce, mentre noi portammo tutto il pane che ci era stato offerto per il nostro nutrimento.
Dopo aver servito loro queste cose, lavammo i piedi alle donne e le mani agli uomini, soprattutto a un lebbroso che le aveva molto putride e rovinate, e bevemmo parte di quella lavatura.
Provammo tanta dolcezza che percorremmo tutta la via del ritorno con grande soavità, come se ci fossimo comunicate.
Mi sembrò davvero d’aver fatto la comunione, perché provai una grandissima soavità.
S. Angela da Foligno, Memoriale V