Intro e I articolo del V dialogo- I parte- Gli Eroici Furori

Scritti del filosofo Nolano. Commenti su di essi e note sul suo pensiero.

Intro e I articolo del V dialogo- I parte- Gli Eroici Furori

Messaggioda attilius743 » 19/03/2012, 13:44

Introduzione al V dialogo

Pur avendo per interlocutori ancora Tansillo e Cicada, l’ultimo dialogo della prima parte, poiché non appare strettamente connesso ai quattro dialoghi iniziali, può essere visto come un’unità a sé stante con il titolo: Un cammino di perfezione. Vi sono descritti in quindici articoli i vari e successivi stati dell’amante di Dio nel suo cammino verso l’oggetto infinito dell’amore eroico. Il percorso è così riassunto dall’autore alla fine dell’epistola dedicatoria:

Nel quinto dialogo si descrive lo stato dell’amante furioso in questo tempo e si mostra l’ordine, la ragione e la condizione di studi e fortune per quanto concerne: nel primo articolo, l’inseguimento dell’oggetto di tale passione, che si rende prezioso; nel secondo, il continuo e incessante concorso degli affetti; nel terzo, gli elevati e focosi benché vani proponimenti; nel quarto, il volontario volere; nel quinto, i pronti e forti ripari e soccorsi; in quelli che seguono si mostra variamente la condizione della sua fortuna, dello studio e dello stato con la ragione e la convenienza di quelli, per le antitesi, le similitudini e le comparazioni espresse in ciascuno di tali articoli.

Si tratta di spunti di contemplazione che, dai fenomeni della natura, dalle sue manifestazioni nel cosmo e nella psiche umana, conducono a comprendere qualcosa dell’amante, dell’amato, della misteriosa logica dell’amore umano e, per proiezione, di quella infinitamente superiore del divino che, anche se nascosta, non può non mandare raggi di luce a chi, amando e amandola, per amore la scruta. L’alchimia di cui Bruno va a trattare è infatti quella che ha come ambito l’amore che si accompagna alla poesia, alla profezia e ai simboli del sogno, il famoso mercurio degli alchimisti che, sublimando dal Sé profondo, conduce alla coscienza - grazie alla funzione trascendente con la quale i vari simboli sono tradotti in linguaggio intellettuale - la sapienza terrestre con la sua teologia . Questa, è bene ribadirlo, mai può essere in contrasto con quella celeste scesa dall’alto e veicolata dalla Scrittura nei dogmi della Chiesa perché, mentre quest’ultima è rigida e schematicamente precisa, la prima sempre è vaga e confusa ma dona all’altra, a cui deve essere sempre unita, il sapore incomparabile della sapienza. Quella terrestre veicolata dal sogno (parte integrante della rivelazione naturale) e quella celeste (la rivelazione ebraico-cristiana) sono specchio creato della trascendente sapienza increata, perché la verità è una sola. Presente in modo confuso nell’inconscio di ogni uomo la pura luce intellettuale che sublima dall’incandescenza divina del Sé, immagine e somiglianza di Dio, attende di essere liberata dalle tenebre che nell’origine della vita umana non l’hanno recepita, come recita il vangelo di Giovanni:

In lui (nel Verbo) era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta (Gv 1,4-5).


La stessa Scrittura non è avulsa dalla sapienza che nasce dal lumen naturae avendo le sue radici nella sapienza egizia, sia attraverso Mosè, che era stato principe in Egitto, sia perché lo stesso popolo ebraico in Egitto è nato come popolo. Certamente si deve pensare anche a una sapienza donata ai Patriarchi attraverso la rivelazione di cui parla specialmente la qabbalah, ma è anche altrettanto certo che a questa tradizione - sia che la si legga in una chiave di lettura ingenua o esegetica classica, sia che la si legga in quella cabalistica - si è aggiunta quella egiziana. La Chiesa dei pagani alla sua origine ha ereditato la sapienza ebraica dagli Apostoli e dalla Chiesa madre di Gerusalemme, ma gran parte delle tradizioni interpretative - specialmente quelle della qabbalah - sono andate perdute per il passare dei secoli e per il grave distacco non solo nei contenuti ma anche per lo stile più intellettuale della teologia biblica cristiana da quella rabbinica che - ingenua solo apparentemente - pure le ha fatto da culla.
A una prima lettura i quindici misteriosi articoli di questo dialogo possono apparire senza né capo nè coda. Per comprendere qualcosa, come nell’arte dell’interpretazione dei sogni insegnata dalla Bibbia, dalla Gnosi e dall’Ermetismo cristiano del Rinascimento, si deve procedere per associazione di idee. Una volta fissate in tasselli di un insieme le idee evocate, si cerca un filo conduttore tra le stesse grazie all’analogia con opere simili e si inizia a percepire nella materia suggerita espressamente dall’autore il giusto senso per la formulazione dell’insegnamento: un cammino di perfezione che introduca alla preghiera mistica, all’esperienza dell’amore divino. Per il suo essere sempre saldamente ancorata allo studio della natura, la mistica che emerge da queste pagine, rispetto ad altri trattati di spiritualità, presenta delle somiglianze e delle dissimiglianze; queste ultime costituiscono la sua peculiarità. Certo, tutti i mistici hanno mostrato amore alla natura - san Francesco ne è l’esempio più classico - ma è lo studio accurato della stessa ciò che contraddistingue quella di Bruno e, ognuno a suo modo, di tutti gli alchimisti. Anche la Yates scrive:

L’uso bruniano di emblemi amorosi con significato mistico nel Degli eroici furori assomiglia singolarmente nel suo metodo alla trasposizione di simboli d’amore “profano” in simboli d’amore “sacro” che si riscontra nei libri di emblemi religiosi composti da gesuiti nel primo Seicento .

Anche in questo dialogo si possono individuare analogie non solo con vari autori di spiritualità cattolica - in modo particolare i santi fondatori del Carmelo riformato - ma anche con quella ortodossa e neoplatonica; ma di questo avremo occasione di riparlare. Nel loro ordine gli articoli finali specialmente lasciano evidenziare una nascosta teologia che pur nella sua densa, strana ma eccezionale simbologia, in nulla è diversa da quella classica di San Tommaso. Alcuni di questi simboli – tipo conoscenza mattutina e conoscenza vespertina – già erano presenti nella teologia spirituale della Chiesa, altri sono elaborati dall’autore stesso e in modo davvero mirabile ma, nonostante il lessico diverso, perché più ermetico e meno devozionale , sempre sulla scia della tradizione cristiana dei Padri della Chiesa. L’articolo sulla purificazione, in cui compare Vulcano con i suoi metallici attrezzi, e l’ultimo, con le due poesie sulle serpi che hanno freddo e rimpiangono i loro corpi sciolti, rivelano nell’autore, che usa simboli che ancora oggi appaiono in sogni e visioni, conoscenze mistico-alchemiche non comuni. Cristo e Maria sono presentati come terre, terre nuove, terre eoliche, cioè spirituali, sorte (ortae) dal grembo della terra (perché vulcaniche) come astri nel mare della storia e custoditi nel petto dell’amante come i due poli dell’unico divino oggetto dell’amore eroico. In questo dialogo conclusivo della prima parte la peculiarità della teologia nascosta di Bruno raggiunge il suo apice: non è di certo chiara, ma neppure tanto difficile da non potersi decifrare se si conosce la teologia spirituale cristiana e non solo cattolica occidentale.
Perché poi quindici articoli? All’inizio del testo del Trattato del divino Zosimo sull’arte si legge:

E mentre dicevo questo, mi addormentai e vidi un sacerdote stare dinnanzi a me, ritto su un altare a forma di coppa schiacciata, al quale si accedeva mediante quindici gradini. … io udii una voce che mi diceva dall’alto: “Ho finito di scendere i quindici gradini della tenebra e ho finito di salire i gradini della luce. E colui che mi rinnova è il sacerdote, poiché egli si è disfatto della densità del corpo e di necessità sono consacrato sacerdote e mi trovo ora nella perfezione come spirito”. E percepii la voce di colui che stava sull’altare a forma di coppa , e domandai chi egli fosse… Ed egli mi rispose con voce sottile dicendo: Io sono Ione, il sacerdote dei santuari che si celano nell’intimo, e mi sottopongo a un’insopportabile pena … .

Quindici è anche il numero delle fantasmatiche, ma non per questo meno importanti Tavole di smeraldo (tabula smaragdina) che, pur se nessuno mai ha visto in originale, nel 1930 furono pubblicate in forma ciclostilata dal Dr. Maurice Doreal legato alla Grande Loggia Bianca della Massoneria e al Sacerdozio della Piramide. Vi sono descritte tecniche meditative di grande rilievo per accedere a stati di consapevolezza ben al di sopra dell’ordinario e le necessarie iniziazioni per gestire il grande potenziale di energia liberato dall’inconscio. Le quidici tavole, citate spesso anche da Jung, rivelano comunque di appartenere ad antiche tradizioni esoteriche canalizzate dalla tradizione.
Nei primi quattordici articoli di questo quinto dialogo è suggerito un cammino di perfezione; l’ultimo ha come tema l’eventualità di un cammino non fatto. Vi si intravvedono accenni al purgatorio, come tormento d’amore, e l’inferno come impossibilità di aprirsi all’amore stesso. Il numero quattordici è presente all’inizio del vangelo di Matteo nella genealogia di Gesù. Questo lascia supporre che l’autore intenda insegnare che proprio il Cristo è il frutto che nasce da questo cammino come dalla gestazione storica della vergine Maria. La sommatoria cabalistica di tale numero (che ripete per due volte il sette, numero della pienezza) dà il cinque che è indice di perfezione umana nel suo centro; il sei che nasce dalla sommatoria del quindici è invece indice di incompiutezza. È pure possibile che dalla spiritualità degli alchimisti sia derivato anche il numero dei misteri del Rosario mariano d’ispirazione domenicana, come meditazioni sulla vita del Cristo storico; così come è possibile che l’autore abbia tenuto questo presente per mettere l’accento sul fatto che il suo ben al ben del ciel s’uguaglia, e cioè che l’immagine divina custodita nell’intimo di ognuno è quella divina di colui che incarnandosi è divenuto il Cristo. Rosario è anche il titolo di varie opere alchemiche, quale ad es. il Rosarium philosophorum e il Rosarium cum figuris attribuiti al medico alchimista Arnaldo da Villanova . Alcuni dei motti che corredano gli articoli sono brevissime citazioni dai classici o dalla Bibbia, forse anche gli altri; di quelli di cui si è riusciti a identificare l’origine si è acclusa la relativa citazione.

I – La terra sublima in acqua, aria e fuoco

L’innamorato del primo articolo, all’inizio di quell’itinerario verso Dio che S. Juan de la Cruz nella Salita del monte Carmelo chiama la notte oscura dei sensi e la notte oscura dello spirito, esibisce come sua insegna uno scudo distinto in quattro colori , con un elmo su cui è dipinta una fiamma sotto la testa di bronzo; dai suoi orifici fuoriesce con gran forza un vento denso di fumo. Il motto scritto all’intorno dell’insegna è: At regna senserunt tria, “ma i tre regni sentirono”. In questo primo brano si contempla come l’umano composto dell’amante, visto come pesante elemento terra, sublima in acqua (le lacrime), in aria (i sospiri) e in fuoco (le vampe del cuore), e come tutti e tre i mondi degli altri elementi si aprono a ricevere la sua sostanza: una autentica trasmutazione alchemica messa in moto dall’innamoramento. Da piombo che era, nel senso di terrestre pesante materia, il nostro eroico protagonista, grazie al fuoco dell’amore vissuto e della sofferenza che vi è connessa (perché amore e dolore sono due facce di uno stesso mistico fuoco), diverrà sempre più spirituale e ardente fino a essere oro alchemico (aurum nostrum non est aurum vulgi) e il suo corpo trasmutato materia gloriosa; così sarà l’uomo adamantino, il corpo cristallino , la pietra filosofale. Di questo cammino di purificazione, del suo fuoco, del suo fumo, del doloroso sentimento di abbandono provato dal protagonista, così scrive S. Juan de la Cruz:

In questo tempo l’anima soffre tenebre enormi nell’intelletto, grandi aridità e angustie nella volontà … Nella sostanza patisce abbandono e somma povertà. è arida e fredda, talvolta ardente, senza trovare sollievo in nessuna cosa né un pensiero che la conforti … le sembra che Dio sia diventato crudele e duro verso di lei. È impossibile descrivere quello che l’anima soffre in questo periodo … come è impossibile conoscere l’umidità del legno finché questo, investito dal fuoco, non trasuda, non fuma e non emette scintille, così fa l’anima imperfetta con questa fiamma .

Rimandano all’Ars magna i quattro colori dello scudo , che rappresentano anche le quattro fasi dell’alchimia: nigredo, viriditas, albedo e rubedo; e il globo, cioè la forma rotonda dell’elmo, che allude al rotundum degli alchimisti , come mèta finale dell’Opus . Per quanto riguarda il significato del fumo, Jung scrive:

L’incensazione sulle offerte durante il rito della messa significa una trasformazione dei doni sacrificali e dell’altare, nel senso di una spiritualizzazione di tutti gli elementi fisici che servono al rito. Il funo indica il corpo sublimato, il corpus volatile sive spirituale a sembianza di fumo.
Il fumo, nel salire verso l’alto come sostanza “spirituale”, opera e rappresenta l’ascesa della preghiera. L’incensazione conclude gli atti preparatori, spiritualizzatori. I doni sono stati consacrati e preparati per la trasformazione vera e propria. Grazie alle preghiere “Accendat in nobis Dominus ignem sui amoris” e “Lavabo inter innocentes”, anche sacerdote e comunità sono purificati e preparati a introdursi nell’unità mistica del susseguente atto sacrificale .


Protagonista nascosto di questo primo articolo, nel quale grazie all’innamoramento si innesca nell’eroico furioso la sublimazione della materia pesante, parte dall’inconscio un fuoco nascosto che gli antichi alchimisti vedono come drago del profondo . In realtà ancor prima, nell’età evolutiva, la stessa coscienza, l’Io del soggetto era nata sviluppandosi man mano grazie al graduale confronto del fuoco-luce che sublima dall’inconscio con il lume intellettuale , tra la vita di dentro e la vita di fuori. In questo primo periodo è l’amore per la madre - che nasconde quello per la vita stessa - a innescare la sublimazione. In questo primo periodo gli alchimisti dicono che il lupo mangia il re, dove il lupo rappresenta l’istinto e il re il lume intellettuale. In un secondo tempo l’amore verso un oggetto amato, con le pene che comporta, fornisce nuovo fuoco per un’ulteriore sublimazione. Qui il re mangia il lupo. Infine in un terzo stadio, dall’amore per la donna nasce l’amore per l’amore, l’amore eroico per Dio, che grazie alla funzione trascendente porta all’integrazione tra il re e il lupo, tra la parte intellettuale che pertiene alla mitica figura di Apollo e la parte istintiva che pertiene a quella di Dioniso, che a Eleusi erano venerati insieme.
Una peculiarità della dottrina spirituale di Bruno è il ruolo esercitato nel raggiungimento della mèta divina da un amore umano vissuto castamente, cioè eroicamente. Tale nozione non è però del tutto estranea all’insegnamento di altri direttori di spirito . Il casto innamoramento può essere visto come divino alchemico concepimento analogo al mistero del concepimento verginale di Maria nel rosario dei Domenicani.

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Cicada – Lasciatemi vedere, così potrò considerare da me stesso le condizioni di questi ardenti amori, come appaiono spiegati nell’elenco qui descritto di tale milizia .
Tansillo - Vedi come portano le insegne dei loro affetti e delle loro fortunose vicende. Tralasceremo ogni considerazione sui loro nomi e sulle loro immagini per soffermarci solamente sul significato delle insegne e sulla comprensione del motto che vi è inscritto, sia di quello posto a forma del corpo dell’immagine, sia di quello posto il più delle volte a dichiarazione dell’insegna .
Cicada – Così faremo. Ecco qua il primo: porta uno scudo distinto in quattro colori, con un elmo su cui è dipinta una fiamma sotto la testa di bronzo dai cui orifici fuoriesce con gran forza un vento denso di fumo; e vi è scritto all’intorno: “At regna senserunt tria .
Tansillo - Come spiegazione di questa figura direi che, per esserci il fuoco che, per quel che si vede, riscalda il globo nel quale è l’acqua, avviene che l’elemento umido - rarefatto e attenuato in virtù del calore e trasformato, di conseguenza, in vapore - richiede per essere contenuto molto più spazio, per cui, se non trova esodo agevole, finisce con rompere il vaso con grandissima forza, strepito e rovina . Se invece vi è spazio o una facile via d’uscita da cui possa evaporare, fuoriesce a poco a poco con minor violenza, secondo la misura con cui l’acqua si converte in vapore e, soffiando come vento, evapora in aria. Qui è significato il cuore dell’amante appassionato; in esso, quando con un’esca ben disposta è attaccato l’amoroso fuoco , accade che della sostanza vitale una parte sfavilla in fuoco, un’altra si vede bollire nel petto sotto forma di amoroso pianto, un’altra ancora accende l’aria con l’esito di ventosi sospiri . Perciò dice at regna senserunt tria, dove quell’at sta a indicare che si suppone differenza, diversità o contrarietà, quasi dicesse che qualche altra cosa potrebbe avere lo stesso senso, ma non lo ha. Il che è molto ben spiegato nei versi che seguono e che sono situati sotto la figura:

Dal mio gemino lume, io poca terra
soglio non parco umor porgere al mare ;
da quel che dentro il petto mi si serra,
spirto non scarso accolgon l’aure avare ;
e il vampo che dal cor mi si disserra
si può senza scemarsi al cielo alzare:
con lacrime, sospiri ed ardor mio
all’acqua, all’aria, al fuoco rendo il fio.
Accogli’acqua, aria e foco
qualche parte di me; ma la mia dea
si mostra tanto iniqua e rea,
che né mio pianto presso di lei trova loco,
né la mia voce ascolta,
né pietosa al mio ardore mai si volta.


In questo sonetto per terra si intende la sostanza del furioso che sparge dal gemino lume, cioè dagli occhi, lacrime copiose che fluiscono al mare ; dal petto capacissimo manda all’aria immensa molti e grandi sospiri ; e in tal viaggio verso l’aria la vampa del suo cuore non si intiepidisce qual piccola scintilla o debole fiamma nel camino, né manda fumo o si indirizza verso altro oggetto, ma potente e vigorosa - acquistando piuttosto da altri che perdendo del proprio - raggiunge il posto che le compete .
Cicada - Ho ben chiara ogni cosa. Passiamo a un altro.

Raffaella Ferragina

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«Ma nessun albero nobile, di alto fusto, ha mai rinunciato alle sue oscure radici. Esso cresce non soltato verso l'alto, ma anche verso il basso.» C. G. Jung

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