VIII articolo del V dialogo- I parte- Gli Eroici Furori

Scritti del filosofo Nolano. Commenti su di essi e note sul suo pensiero.

VIII articolo del V dialogo- I parte- Gli Eroici Furori

Messaggioda attilius743 » 20/06/2012, 13:23

VIII – Sole e luna, luce intellettuale e luce inconscia

Nell’elmo successivo è dipinta una luna piena con il motto Talis mihi semper et astro, che tradotto significa: sempre tale a me e all’astro, cioè si mostra sempre uguale all’astro e all’amante eroico503. Il soggetto in questa immagine è evidentemente la luna e la poesia lo conferma, ma da un punto di vista simbolico occorre stabilire il soggetto che il simbolo nasconde e rivela nello stesso tempo, perché il suo significato non è univoco, tant’è vero che lo stesso autore ne riporta due.
Secondo un primo significato la sua intelligenza particolare è sempre tale all’intelligenza universale, cioè da questa viene eternamente illuminata in tutto l’emisfero sempre allo stesso totale modo, indipendentemente da quello che possono proiettare nella mente le potenze inferiori del sentire, che sono condizionate anche dall’influsso dei suoi atti contingenti; oppure – come scrive sempre l’autore - forse vuol significare che il suo intelletto speculativo, sempre invariabilmente in atto, sempre è rivolto all’intelligenza umana e da essa influenzato. Quest’ultima – egli scrive - è simboleggiata dalla luna perché, come questa è detta infima di tutti gli astri ed è più vicina a noi, così l’intelligenza, che nella nostra condizione umana tutti ci illumina, è l’ultima nell’ordine delle altre intelligenze. In tal modo l’autore mette a fuoco due relazioni: la prima tra l’intelletto dell’uomo e l’astro come sacramento del Logos divino, e di questo si è già trattato nelle pagine precedenti; la seconda tra l’intelletto umano e l’influsso del potere di conoscenza emanata dal Sé divino, quale immagine e somiglianza del Logos. Il Sé profondo, per quanto ancora inconscio, illumina la coscienza con la mobilità del mercurio504. Mercurio è detto ladro, servus fugitivus, cervus fugitivus perché non sempre si dona allo stesso modo e perché la memoria non mantiene sempre le illuminazioni ricevute505. In altri termini, quanto di apollineo è nell’uomo, cioè il suo l’intelletto, percepisce la luce della verità emanata dall’alto, ma non in modo intero né costante, proprio come fa la luna vista dall’uomo nei confronti del sole; quest’ultima però è anche simbolo delle potenze inferiori della psiche, del suo aspetto dionisiaco, cioè del profondo - così come il sole lo è di quelle superiori che pertengono alla coscienza – e all’intelletto in potenza mostra un aspetto che sempre varia, mentre, nonostante una continua pena dell’uomo di tutti i giorni, l’intelletto in atto, anche qui sempre la vede integra e splendente506. L’intelletto in atto di cui si parla che, anche qui come nel settimo articolo, sempre la vede integra e splendente, va inteso come dono dello Spirito Santo e non nel senso comune di intelligenza come semplice capacità cognitiva più o meno pronunciata. Così potremmo definire il ruolo della Parola di Dio nella decodificazione dei sogni attraverso i quali l’alchimista riceveva le sue ispirazioni: l’immagine del Logos fornita dalla Parola di Dio esercitava (così come esercita tuttora) lo stesso ruolo dell’immagine di riferimento nell’assemblaggio dei tasselli di un puzzle507.
Nel prosieguo del testo l’et astro diventa stranamente ut astro, e ci si chiede se l’errore sia casuale (cosa piuttosto improbabile a causa della vicinanza nel testo tra i due momenti di trascrizione e della stentoreità della frase originale che la rende difficilmente obliabile) o non sia affatto un errore. Ancora una volta prende corpo la ragionevole ipotesi che anche in questa opera siano nascosti messaggi segreti. Et è una congiunzione copulativa, ma aggiunge anche il significato di e anche. Nel nostro caso si treduce a me e all’astro, o a me e anche all’astro. Il senso di ut è invece come, quindi si ha a me come all’astro.
Nel motto - ci si chiede poi, ma lo si notava già prima - la parola astro va riferita al sole, come fa l’autore nel suo commento, o può anche essere riferita a quel quid di cui l’astro è solo simbolo? Certamente in un primo significato, il testo successivo lo dice con chiarezza, è da riferirsi al sole, ma questo il motto non lo dice apertamente. Si potrebbe quindi formulare l’ipotesi che l’equivoco, nella mente dell’autore, serve a indicare anche che i due astri, nonostante la loro chiarissima ineguaglianza, in fondo finiscono poi, anche se in modo diverso, per emanare la stessa luce che in realtà non è originaria né dell’uno, né dell’altro dei due corpi celesti, perché essi sono immagini diverse della luce increata. In questo caso, come si può stabilire, una relazione non d’identità ma di similitudine tra il lucido lume intellettuale e quello umbratile ancora demonico che risiede nell’inconscio508 (i cui simboli sono i due draghi alchemici che debbono arrivare all’abbraccio) si può stabilire una relazione tra il Cristo storico, simboleggiato dal sole, e la trama luminosa del mercurio emanata dal Sé profondo da cui sublima una teologia che appare confusa, ma che non può essere diversa da quella rivelata, perché esse sono a specchio. Il motto di questo articolo è simile ma non uguale a quello del secondo: Idem semper, ubique totum, sempre uguale, ovunque tutto. Vi è tra i due motti una relazione di complementarietà, ma essi se letti in quest’ultimo senso, possono assumere anche uno stesso significato.

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Tansillo - Nell’elmo successivo è dipinta una luna piena con il motto: Talis mihi semper et astro509, che vuol dire: all’astro, cioè al sole, e a lui si mostra sempre uguale, come si può vedere nella figura, dove la luna è mostrata piena e lucida nella circonferenza intera del circolo; e perché tu comprenda meglio questo, voglio farti ascoltare quel che è scritto qui di seguito.

Luna inconstante, luna varia, quale
con corna or vuote e talor piene svalli510,
or l’orbe tuo bianco, or fosco risale,
or Bora e dei Rifei monti le valli
fai lustre, or torni per tue trite scale
a chiarir l’Austro e di Libia le spalle.
La luna mia, per mia continua pena,
mai sempre è ferma, ed è mai sempre piena.
È tale la mia stella,
che sempre mi si toglie e mai si rende,
che sempre tanto brucia e tanto splende,
sempre tanto crudele e tanto bella;
questa mia nobil face
sempre sì mi tormenta, e sì mi piace.


Mi pare che voglia dire che la sua intelligenza particolare è sempre tale511 all’intelligenza universale, cioè da questa viene eternamente illuminata in tutto l’emisfero, benché alle potenze inferiori e secondo gli influssi degli atti suoi ora diviene oscura, ora più o meno luminosa; o forse vuol significare che il suo intelletto speculativo, sempre invariabilmente in atto, sempre è rivolto all’intelligenza umana e da essa influenzato. Quest’ultima è simboleggiata dalla luna perché, come questa è detta infima di tutti gli astri, ed è più vicina a noi, così l’intelligenza, che nella nostra condizione umana tutti ci illumina, è l’ultima nell’ordine delle altre intelligenze512, come notano Averroè e altri più sottili Peripatetici. All’intelletto in potenza quella or tramonta, per quanto non è in atto alcuno; or come se svallasse, cioè come se sorgesse dal basso dell’emisfero nascosto; si mostra or vuota513 or piena a seconda che dona più o meno lume d’intelligenza; ora ha l’orbe oscuro or bianco, poiché talvolta mostra qualcosa solo per ombra, similitudine e vestigio, talvolta molto più apertamente; or declina all’Austro; or monta a Borea514, cioè or si va sempre più allontanando or sempre più si avvicina. Ma l’intelletto in atto, con sua continua pena - perché tale stato non è naturale, né è insito nella condizione umana in cui tale intelletto si trova così dolorante, combattuto, incalzato, sollecitato, distratto e lacerato dalle potenze inferiori - sempre vede l’oggetto del suo amore fermo, fisso, costante e sempre pieno nel medesimo splendore di bellezza. Ma questo sempre da lui si nasconde, perché non gli si concede, e sempre gli si rende per quanto gli si concede. Sempre tanto lo brucia nell’affetto, come sempre tanto gli splende nel pensiero; sempre è tanto crudele nel sottrarsi, per quel si sottrae, come sempre è tanto bello, nel comunicarsi, per quel che gli si comunica; sempre lo tormenta, perché ne è sempre fisicamente lontano, come sempre gli piace, perché gli è congiunto nell’amore.
Cicada - Ora, applicate l’intelligenza al motto.
Tansillo - Egli dunque dice: “Talis mihi semper”; cioè per la mia costante applicazione, secondo intelletto, memoria e volontà - perché non voglio altro ricordare, intendere o desiderare - sempre mi è tale, e del tutto presente, per quanto possa capirlo, e non è da me diviso se ne distolgo il pensiero, né mi si fa oscuro se difetto nell’attenzione, perché non c’è pensiero che mi possa distogliere da quella luce, né necessità naturale che mi possa obbligare a non attendere ad essa. Talis mihi semper, dal canto suo, perché è invariabile in sostanza, in virtù, in bellezza e in effetto verso quelle cose che sono costanti e invariabili nei suoi riguardi.
Dopo dice: ut astro515 perché rispetto al sole, che sempre la illumina, è ugualmente luminosa, dal momento che gli è rivolta sempre allo stesso modo, e il sole sempre diffonde i suoi raggi; così fisicamente questa luna che vediamo con gli occhi -quantunque dalla terra appaia oscura o lucente, or più or meno rischiarata e rischiarante - sempre però dal sole viene ugualmente illuminata, perché sempre accoglie i suoi raggi almeno sul dorso dell’intero emisfero che gli è rivolto; così anche la stessa terra è sempre ugualmente illuminata nell’emisfero, quantunque dalla superficie equorea manda di volta in volta in modo non uguale il suo splendore alla luna (che, come molti innumerevoli altri astri, riteniamo un’altra terra516), allo stesso modo in cui la luna fa con la terra, visto che subiscono la stessa vicissitudine nel ritrovarsi or l’una or l’altra più vicine al sole.
Cicada - In che modo questa intelligenza è raffigurata dalla luna illuminata nel suo emisfero?
Tansillo - Tutte le intelligenze sono raffigurate dalla luna, nel senso che sono partecipi dell’unico atto e potenza517, lo dico nel senso che hanno luce realmente ma solo per partecipazione da altro: non sono cioè luci in loro stesse e per loro natura, lo sono per mezzo del sole, inteso che è la prima intelligenza e che è luce pura e assoluta, come anche è puro e assoluto atto.
Cicada – Dunque, tutte le cose che hanno dipendenza e che non sono il primo atto e la prima causa sono composte di luce e di tenebra, di materia e di forma, di potenza e di atto?
Tansillo - Così è. La nostra anima, inoltre, in tutta la sua sostanza, è rappresentata dalla luna, la quale splende nell’emisfero delle potenze superiori, quando è rivolta verso la luce del mondo intellegibile, ed è oscura riguardo alle potenze inferiori, laddove è occupata nel governo della materia.

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503 Nel testo successivo Bruno scrive che per astro s’intende il sole; nel motto il soggetto è inespresso, per cui è permessa più di una interpretazione.
504 Gli alchimisti parlano di sublimazione. Mercurio è la trama luminosa del sogno e dell’ispirazione artistica o amorosa in genere su cui essi si fermano nella meditatio.
505 La “fissazione del mercurio” era un grosso problema dell’alchimia.
506 Questi temi erano condensati dai Greci nella figura di Apollo e in quelle di Mercurio e di Dioniso. Apollo, il puro, il risplendente, doveva la sua lira a Mercurio, mentre di Dioniso si metteva in luce lo smembramento a opera dei Titani.
507 I doni dello Spirito sono schematizzati in sette: Intelletto, Sapienza, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timor santo di Dio. Il mercurio degli alchimisti, come già annotato nell’Intr. gen., è da essi presentato a volte come simbolo del Sé, del Cristo interiore da cui sublima la luce, altre volte come simbolo dello Spirito donato dal Sé nella trama luminosa del sogno. Mercurio è così il “sublimante”, il “sublimato” e il veicolo stesso che conduce le varie scintille di quest’ultimo alla concettualizzazione.
508 Nel senso che è oscurato per il suo essere inconscio a causa dei vizi capitali.
509 Sempre uguale a me e all’astro.
510 Scendi a valle.
511 La relazione tra il suo intelletto individuale e l’intelletto universale è sempre costante.
512 Cfr l’Albero della vita dei cabalisti, p. 213, n. 553* e Cabala, Ferragina, p. 179ss.
513 Nella fase di luna nuova.
514 Autro e Borea rappresentano il sud ed il nord del globo terrestre.
515 Cfr Introduzione a quest’articolo.
516 Già nella Cena de le ceneri Bruno sottolinea come la Terra è vista dalla Luna anch’essa come astro luminoso.
517 Quella divina: anche quelle angeliche la ricevono e non ne hanno di propria.


Raffaella Ferragina

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