Il Centauro Chirone - Dallo Spaccio

Scritti del filosofo Nolano. Commenti su di essi e note sul suo pensiero.

Il Centauro Chirone - Dallo Spaccio

Messaggioda Aslan » 21/01/2013, 12:46

Il centauro Chirone

Essendo giunto nell’ordine il momento del Centauro, disse il vecchio Saturno a Giove: “Figlio mio e mio signore , poiché, come vedi, il sole sta per tramontare, se ti fa piacere, affrettiamoci a sistemare questi altri quattro ”. E Momo aggiunse: “Allora, che ne vogliamo fare di quest’uomo innestato ad animale , o di quest’animale inceppato a uomo, in cui una persona è composta di due nature, e due sostanze concorrono in una ipostatica unità? In lui due cose unite formano una terza entità, e su ciò non c’è alcun dubbio. La difficoltà consiste in questo: tale terza entità produce cosa migliore dell’una e dell’altra oppure solo di una di esse o, ancora, una cosa di minore dignità? Intendo dire questo: se si aggiunge all’essenza umana l’essenza equina, se ne produce un dio degno del seggio celeste oppure una bestia degna di essere messa nell’armento e in una stalla? In fine (checché ne dicano Iside, Giove e altri ancora sull’eccellenza di essere bestia; sul fatto che conviene all’uomo, per essere divino, avere qualcosa della bestia, avere alcune qualità delle bestie; e sul fatto che quando desidera mostrarsi altamente divino, faccia conto di doversi in ugual misura mostrare bestia), mai potrò credere che là dove non c’è un uomo intero e perfetto, né una perfetta e intera bestia, ma un pezzo di animale e un pezzo di uomo, possa esserci qualcosa di meglio rispetto a dove c’è un pezzo di braga con un pezzo di giubbone, da cui mai proviene veste migliore rispetto al giubbone o alla braga intera, né meno buona così come questa o quella”. “Momo, Momo - rispose Giove - il mistero di quest’essere è occulto e grande, e tu non puoi capirlo; perciò è necessario credervi solamente come cosa alta e grande”. “So bene - disse Momo - che questa è una cosa che non può essere capita da me, né da chiunque abbia almeno un granello di intelletto; ma se io che sono un dio, o un altro, che si ritrova tanta intelligenza quanto può esservene in un acino di miglio, debbo crederlo, vorrei che da te prima mi venisse donato a credere in qualche bella maniera”. “Momo - disse Giove - non devi voler sapere più di quanto ti è dato di sapere e, credimi, questo non è dato di sapere”. “Ecco, dunque - disse Momo – quel che è necessario intendere e che io a mio dispetto voglio sapere e, per farti piacere, o Giove, voglio credere : una manica e una gamba di calzone valgono più di un paio di maniche e di un paio di calzoni, e ancora di più; che un uomo non è uomo, una bestia non è bestia; che la metà di un uomo non è mezzo uomo, che la metà di una bestia non è mezza bestia; che uno, mezzo uomo e mezzo bestia, non è un uomo imperfetto e un animale imperfetto, ma piuttosto un dio perfetto, con pura mente adorato ”. A questo punto gli dèi sollecitarono Giove che si sbrigasse e determinasse del Centauro, secondo il suo volere. Perciò, Giove, avendo ordinato a Momo il silenzio, decretò in questo modo: “Qualsiasi cosa io stesso abbia detto contro Chirone , lo ritratto immediatamente e affermo che, essendo il centauro Chirone uomo giustissimo che tempo addietro abitò il monte Pelia, dove insegnò la medicina a Esculapio, l’astrologia a Ercole e la cetra ad Achille , guarendo gli infermi, mostrando come si poteva ascendere alle stelle, e come s’attaccassero i sonori nervi al legno e si maneggiassero , non mi sembra indegno del cielo, anzi lo reputo degnissimo, perché in questo tempio celeste, presso questo altare dove celebra, non c’è altro sacerdote che lui, che vedete con quella bestia da offrire nella mano e con il fiasco per libatorio appeso alla cintura . E poiché l’altare, il tempio, il luogo sacro per il culto sono necessarissimi , e tutto ciò sarebbe inutile senza l’officiante, dunque, che qui viva, qui resti, qui perseveri in eterno, se il fato non dispone diversamente ”. Allora Momo soggiunse: “Degnamente e prudentemente hai stabilito, o Giove, che questi sia il sacerdote dell’altare e del tempio celeste perché, quando avrà ben speso quell’animale che ha in mano, mai sarà possibile che lo stesso gli possa mancare : poiché lui stesso che è uno , può essere il sacrificato e il sacrificatore, cioè il sacerdote e l’animale . “Or dunque - disse Giove – da questo luogo si allontanino la Bestialità, l’Ignoranza, la Favola inutile e perniciosa; e dov’è il Centauro resti la giusta Semplicità e la Favola morale. Da dov’è Altare, si allontanino la Superstizione, l’Infedeltà, l’Empietà e vi risieda la non vana Religione, la non stolta Fede e la vera e sincera Pietà”.
Non coerceri a maximo, sed contineri a minimo divinum est. - S. Ignazio di Loyola

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