La misteriosa signora Morgana nella dedica del Candelaio

Scritti del filosofo Nolano. Commenti su di essi e note sul suo pensiero.

La misteriosa signora Morgana nella dedica del Candelaio

Messaggioda raffaella » 08/06/2013, 16:56

La misteriosa signora Morgana nella dedica del Candelaio
di Raffaella Ferragina


Testo:
Alla Signora Morgana B.,
Sua Signora sempre da onorarsi
E io a chi dedicherò il mio Candelaio? O gran destino, a chi vuoi che io dedichi il mio bel paraninfo, il mio buon corifeo? A chi invierò quel che, in questi giorni più cocenti e in queste ore più lambiccanti dette canicolari, dall’influsso celeste di Sirio le stelle fisse m’han fatto piovere nel cervello, m’han crivellato sopra le vaghe lucciole del firmamento, mi ha balestrato in capo il decano dei dodici segni e nelle orecchie interne mi han soffiato i sette lumi erranti?
A chi si rivolge – dico io – a chi riguarda, Chi prende di mira? Sua Santità? No. Sua Cesarea Maestà? No. Sua Serenità? Sua Altezza, Signoria illustrissima e reverendissima? No, no. In fede mia, non c’è principe, cardinale o re, imperatore o papa che mi toglierà di mano questa candela, in questo solennissimo offertorio . A voi tocca, a voi è donata; e voi o la porrete nella vostra cameretta o la ficcherete nel vostro candeliere mia signora Morgana, dotta saggia bella e generosa oltre misura: voi, coltivatrice del campo dell’animo mio che dopo aver dissodate le zolle della sua durezza e assottigliato lo stile – affinché la polverosa nebbia sollevata dal vento della leggerezza non offendesse gli occhi di questo o di quello – con acqua divina, che dal fonte del vostro spirito deriva, mi abbeveraste l’intelletto . Perciò al tempo in cui potevamo toccarci la mano , prima vi dedicai I pensieri gai e poi Il tronco d’acqua viva.
Adesso che tra voi, che godete nel seno di Abramo, e me, che - senza più attendere quel vostro soccorso che soleva rinfrescarmi la lingua - ardo e sfavillo disperatamente, c’è di mezzo un gran caos purtroppo invidioso del mio bene, per farvi constatare che nemmeno quello stesso caos può impedire al mio amore di raggiungervi con qualche proprio pegno e dono concreto, ecco la candela che con questo mio Candelaio vi porgo, a sua marcio dispetto. Essa potrà chiarire alquanto, in questo paese in cui mi trovo, certe Ombre delle idee che spaventano le bestie e, come se fossero diavoli danteschi, fanno rimanere gli asini ben indietro, e in questa patria ove voi siete, potrà far contemplare l’animo mio a molti e far loro vedere che non è del tutto smesso.
Salutate da parte mia quell’altro Candelaio in carne e ossa, della cui specie è detto che “non erediteranno il regno dei cieli ”; e ditegli che non goda tanto del fatto che costì si dica che la mia memoria è stata strapazzata a forza di piedi di porci e di calci d’asini: perché a quest’ora agli asini sono state mozzate le orecchie e i porci o prima o poi me la pagheranno; e che non goda tanto di quel che usa ripetere: “Se ne partì per un paese lontano”, perché se mai avverrà che i Cieli mi concederanno che io possa dire in effetti: “Mi alzerò e andrò”, codesto vitello ben pasciuto sarà parte senza dubbio della nostra festa. Frattanto viva, si governi e cerchi di farsi più grasso di quanto già non sia, perché io, d’altro canto, dove ho perso l’erba spero di recuperare il lardo, se non sotto un protettore sotto un altro; se non in questa in quell’altra vita.
Ricordate, signora, quel che non credo vi si debba insegnare: Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si trasmuta, nulla si distrugge: Uno solo è eterno e può perseverare in eterno uno, simile e medesimo. Con questa filosofia l’animo mio si ingrandisce e mi si magnifica l’intelletto. Perciò qualunque sia il punto di questa sera che aspetto, se la mutazione è vera, io che sono nella notte aspetto il giorno e quelli che sono nel giorno aspettano la notte: tutto quello che è o è qua o là, o vicino o lontano, o adesso o poi, o presto o tardi. Godete dunque e, se potete, state sana e amate chi vi ama .



Nella prefazione alla sua moderna versione del Candelaio - per altro linguisticamente eccellente – Antonio Raimondi scrive a proposito del titolo e della dedica alla signora Morgana:

Stando a quello che Bruno stesso dice nella lettera a Morgana, esso allude alla candela destinata ad illuminare la sua opera coeva Le ombre delle idee. Tuttavia, malgrado questo proposito serio, tale dedica … è indirizzata provocatoriamente ad una sua antica e non certo irreprensibile fiamma, rimasta forse a Nola. È in un candeliere femminile che egli, con oscena metafora, intende conficcare la sua candela! Con premesse di tal genere, si comprende anche il motivo per cui egli esplicitamente, non fa destinatario dell’opera sua, come di consueto accadeva a quei tempi, un personaggio illustre o istituzionale .

L’opinione di brunisti anche di grande levatura non è molto dissimile da questa. In realtà, si tratta di un equivoco paradossale e di equivoci gravi come questo è pieno il mondo degli studi del Nolano e della sua opera. Eppure, le libertà linguistiche che Bruno pur si prende non autorizzano nessuno a vedere in lui un immorale, un frate che ammette pubblicamente di aver tradito i suoi voti e avere avuto un’amante. Del resto egli stesso, nella Lettera dedicatoria degli Eroici furori, parla della sua innocente libertà di espressione e scrive di attendere in proposito

quel giudizio divino che renderà manifesta la loro maligna ignoranza (dei suoi detrattori) e l’altrui sapienza, la nostra sana libertà e le altrui maliziose regole, censure e ordinamenti.

Quando si tratta di difendere i veri tradimenti alla morale evangelica i toni di Bruno diventano sempre molto aspri e insofferenti. A questo riguardo egli parlerà negli Eroici furori di gelosia dettata dall’amore per Dio. Come risulta con estrema chiarezza dalle testimonianze documentarie del processo, egli non lasciò l’abito volontariamente; ne fu spogliato da un superiore che intentò contro di lui anche un processo per eresia. Di qui, per salvarsi la vita, la sua comprensibile “fuga”, per andare però, almeno in un primo tempo, in un altro convento domenicano, quello romano celeberrimo di S. Maria sopra Minerva, dove forse godeva di qualche protezione. Dovette poi fuggire anche da questo per altri imbrogli giudiziari a cui era estraneo ma che, data la sua posizione a Napoli, avrebbero comunque compromesso la sua sicurezza in quel luogo.
Cerchiamo ora di capire un po’ le radici di questa “inquietante” dedica alla signora Morgana , di cui nel testo è già comunque detto che gode del seno di Abramo, che cioè vive in altra dimensione rispetto a quella terrestre. Nel ‘600 si vide il massimo rigoglio dell’alchimia. Nella sua opera Bruno usa un lessico chiaramente alchemico e mitico, ma eleva l’Arte regia al rango di filosofia, spogliandola dalle follie dei metallurgici . L’alchimia bruniana è infatti molto diversa da quella degli epigoni che lo seguirono e ne determinarono l’inizio della decadenza e la fine nel secolo successivo. Con lui si rafforzò la corrente mistico-filosofica mentre, in parallelo, nasceva la chimica vera e propria. Negli antichi codici alchemici esaminati da Jung, tra i simboli usati per indicare uno dei contenuti essenziali della sapienza alchemica: la sintesi dei contrari e la coincidenza degli opposti, c’è la mitica incestuosa unione tra Artù e la fata Morgana sua sorellastra. L’unione di fratello e sorella rappresenta, dunque, nient’altro che l’incontro tra l’Io cosciente e l’inconscio . La sintesi dei contrari e la coincidenza degli opposti, tanto presente nella filosofia bruniana, erano considerate dagli alchimisti uno dei compiti fondamentali della meditazione alchemica perché costituivano la diversa logica con cui, rispetto al pensiero lineare diurno, si esprimeva l’inconscio nel mondo del sogno .
L’accoppiamento endogamico – prototipo delle nozze regali - altro non è che una variante dell’Ouroboros, il mitico serpente che si morde la coda: essendo di natura ermafrodita, completa in se stesso il circolo. Dunque, per quanto riguarda la dedica del Candelaio, la cosa più ovvia da pensare è proprio questa: la donna a cui Bruno dedica la sua opera - e che lui stesso dice di contemplare “nel seno di Abramo”, cioè nell’aldilà delle cose, perché l’inconscio coincide con l’aldilà - è un personaggio altamente simbolico che appartiene al mondo della fabulosa saga nordica di Avalon. Morgana è “colei che è nata dal mare”, come Afrodite nei miti dell’Oriente classico, ed è l’equoreo inconscio femminile personificato che si offre al solare lato maschile nell’Opus alchymicum.
A tale simbolica sorella-sposa l’autore si offre a sua volta nel suo Opus letterario. L’esperienza, come verità di natura che emerge attraverso i simboli dall’inconscio ed è proiettata nelle fiabe o nei miti, ha un parallelo perfetto nelle nozze egiziane di Osiride e Iside, ma è anche di tipo religioso escatologico, perché la si trova come verità di fede nelle bibliche nozze dell’Agnello, forma storica cristiana pienamente ortodossa dello hieros gamos degli opposti: tra il figlio divino e la sposa umana redenta. Jung scrive:

L’esperienza dell’unione consiste nell’abbraccio e nel ricongiungimento di due anime, nell’exaltatio primaverile, nel vero “maggio”; è riunione, felicemente riuscita, di una dualità, in apparenza insanabile, nella totalità di un’unica creatura. Quest’unità comprende la molteplicità di tutti gli esseri. Dice perciò Paracelso: L’Adech non è solo il mio Sé, ma quello di mio fratello… Il Sé che mi abbraccia comprende anche molti altri. …infatti quell’inconscio, concepum in animo nostro, non mi appartiene e non è di mia proprietà, perché si trova dappertutto.

Il Sé è la quintessenza di ogni individuo e al tempo stesso paradossalmente un fatto collettivo, come il Cristo interiore dei Padri della Chiesa. Coloro che prendono parte alle apocalittiche nozze dell’Agnello, continua ancora Jung, entrano nella beatitudine eterna; sono essi stessi “i vergini” che vanno a nozze. In Paracelso, medico alchimista cristiano del XV sec., il fine della redenzione è l’anno aniadin, o tempo del compimento, in cui solo l’uomo primigenio resta sovrano; e chi sia stato Paracelso per Bruno è facile comprenderlo da una sua espressione laddove, riferendosi appunto all’illustre taumaturgo, in una delle opere italiane lo definisce il divino Paracelso. Bruno nasconde il riferimento all’anno aniadin nella parte finale della Cabala del cavallo pegaseo con una semplice sigla anh .
Ereditata dalla sapienza egizia e ben presente nella stessa Bibbia, perché il popolo ebraico dall’Egitto era uscito, la filosofia alchemica portava alla luce importanti tracce di esperienza psichica del profondo che permettevano, grazie a una sapiente decodificazione (un po’ come fa la moderna psicoterapia per la sola componente psichica) un processo di maturazione psicologica e spirituale (nel linguaggio dei mistici era chiamato solificatio (noi diremmo cristificazione). La psicologia analitica di Jung fece nuova luce su tali esperienze ermetiche e sui paralleli tra Mercurio (la trama luminosa del sogno e dell’ispirazione artistica in genere) e il Lapis, e tra il Lapis (la pietra filosofale, il Sé unico in tutti) e Cristo.
Sembra così svelato il mistero della “signora Morgana”. Da quanto detto emerge che la donna della vita di Bruno fu la sua Anima e che anche il numero iperbolico delle donne che disse di aver avuto (più di quelle di Salomone, a suo dire) vada ridotto a uno, appunto la sua Anima, per il semplice fatto che aveva sposato la sapienza. Di se stesso e della sua vita intemerata (almeno per quel che è possibile a un uomo peccatore come tutti gli altri, santi compresi) sotto il simbolo dell’Asino della sapienza giunto alla mèta alchemica della trasmutazione, così dice scherzosamente nella Cabala:

… Essendo eccellente formatore di costumi, istitutore di dottrine e riformatore di religioni , chi si farà scrupolo di dirlo accademico e stimarlo direttore di una scuola superiore? Perché non deve essere monastico, dal momento che è di coro, di capitolo e di dormitorio? Se egli è per voto povero, casto e ubbidiente, mi biasimereste se lo dicessi conventuale? Mi impedireste di chiamarlo conclavistico, dal momento che, avendo voce attiva e passiva in capitolo, può essere eletto dignitario e fatto prelato? Se è dottor sottile , irrefragabile e illuminato, con quale coscienza vorreste che non lo stimassi e lo tenessi per degno consigliere? Mi tappereste la bocca per evitarmi di proclamarlo “domestico ” dal momento che nella sua testa dimora tutta la morale, la politica e l’economia? E visto che si mostra pio, devoto e continente , potrà il potere dell’autorità canonica impedirmi di considerarlo colonna della Chiesa?

Vedere il grande Bruno nella veste dell’empio, dell’immorale, dell’ateo, del frate rinnegato, apostata e quant’altro, per canonizzarlo poi come improbabile santo eroe degli anticlericali, è davvero un fatto molto triste. Lo si legge così solo perché così si vuole per preconcetto e proprio per questo non lo si intende e lo si dice poi confuso. Lui stesso ebbe già modo di dire: “Quello che voi non capite dite che non è buono”.

Giordano Bruno - Lo Spaccio della Bestia Trionfante, traduzione in italiano corrente, note e introduzioni a cura di Raffaella Ferragina. Appendice I
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